Economia della conoscenza: l’Italia può diventare una potenza digitale?

di Carolina Festa

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Il Sud Italia non è una condanna a morte, ma un’opportunità. Grazie a immobili a prezzi accessibili e a un’elevata qualità della vita, regioni come la Puglia e la Sardegna possono diventare hub per i nomadi digitali. Spazi di coworking e acceleratori stanno già aprendo a Bari e Catania. Ma senza internet ad alta velocità, questi sono sogni.
L’UE può aiutare. Il Fondo Europa Digitale e il piano nazionale PNRR stanno stanziando miliardi per il 5G, l’intelligenza artificiale e la sicurezza informatica. È importante che questi fondi non finiscano nelle tasche di intermediari, ma raggiungano progetti concreti, dalla telemedicina nei villaggi di montagna all’agricoltura intelligente in Toscana.
La cultura dell’innovazione inizia nell’infanzia. In Finlandia, i bambini imparano a programmare a partire dai sette anni. In Italia, questo è raro. Ma iniziative come “CoderDojo” e gli hackathon scolastici stanno prendendo piede. Sostenere progetti di questo tipo è un investimento per il futuro.
Esportazione di conoscenza: il nuovo “modello italiano”. Invece di limitarsi a moda e cibo, l’Italia può esportare software, tecnologie mediche e piattaforme educative. Abbiamo il “Made in Italy”: è ora di creare il “Designed in Italy”.
L’economia digitale non è una minaccia alla tradizione, ma la sua continuazione. Proprio come i banchieri italiani un tempo inventarono la partita doppia, gli sviluppatori napoletani di oggi possono creare la prossima startup globale. L’importante è credere in se stessi e agire. Per aspera ad astra: attraverso le difficoltà, fino alle stelle.

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