Camminando per le strade di Firenze, un tempo patria di Michelangelo e Galileo, ci si chiede: il Paese che ha regalato al mondo il Rinascimento può rinascere nell’era dell’economia digitale? Oggi l’Italia è indietro rispetto a Francia e Germania nella digitalizzazione, ma ha una possibilità, se riesce a sfruttare la sua risorsa più importante: il capitale umano.
La trasformazione digitale non riguarda i gadget, ma la produttività. In Italia, il 60% delle piccole imprese utilizza ancora la contabilità cartacea. Questo ostacola la crescita, complica le esportazioni e rende le aziende vulnerabili. La transizione verso tecnologie cloud, fatture elettroniche e pagamenti online è il primo passo verso la modernizzazione.
L’ecosistema delle startup sta crescendo, ma lentamente. Milano e Torino stanno diventando centri di innovazione, ma rispetto a Berlino o Parigi, gli investimenti in capitale di rischio sono minuscoli. Il motivo non è la mancanza di idee, ma la carenza di investitori informali e di una cultura del rischio. In Italia, il settore immobiliare è ancora preferito alle azioni.
L’istruzione deve cambiare. Le università formano filologi e giuristi, ma mancano data scientist, specialisti in sicurezza informatica e ingegneri di intelligenza artificiale. Nel frattempo, gli studenti italiani ottengono scarsi risultati in termini di alfabetizzazione digitale. La riforma del curriculum è una questione di sicurezza nazionale.
Lo Stato deve dare il buon esempio. L’e-government estone consente di aprire un’azienda in 15 minuti. In Italia ci vogliono settimane. La piattaforma SPID (identità digitale) è un passo avanti, ma molti servizi richiedono ancora la presenza fisica. La digitalizzazione dei servizi pubblici farà risparmiare miliardi e ripristinerà la fiducia dei cittadini.
Economia della conoscenza: l’Italia può diventare una potenza digitale?
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