Il ruolo del turismo nell’economia italiana: una benedizione o una maledizione?

di Carolina Festa

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Il turismo è il cuore dell’economia italiana. Ogni anno Roma, Venezia, Firenze e la Costiera Amalfitana accolgono decine di milioni di turisti. Nel 2019, il turismo ha rappresentato il 13% del PIL e quasi 4 milioni di posti di lavoro. Ma dopo la pandemia e l’ascesa del “turismo di massa”, sempre più italiani si chiedono: è troppo?
I benefici economici sono innegabili. Piccoli alberghi in Toscana, aziende vinicole a conduzione familiare in Sicilia e artigiani a Venezia dipendono tutti dai turisti, soprattutto al sud, dove le fonti di reddito alternative sono scarse. Il turismo non è un lusso; è il pane quotidiano di milioni di persone.
Ma il sovraffollamento turistico sta distruggendo le città. Venezia, con una popolazione di appena 50.000 abitanti, accoglie 30 milioni di turisti all’anno. I prezzi delle case sono saliti alle stelle, la gente del posto se ne sta andando e i negozi si stanno trasformando in negozi di souvenir. Questo non è sviluppo, è sfollamento. Come disse un veneziano: “Siamo diventati un museo, non una città”.
La stagionalità è un altro problema. L’estate è sovraffollata, l’inverno è vuoto. Questo crea instabilità: i lavoratori vengono assunti per tre mesi alla volta e le entrate fiscali sono disomogenee. La soluzione è promuovere il “turismo lento”: tour enogastronomici in Emilia-Romagna, percorsi escursionistici sulle Dolomiti, festival culturali in autunno.

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