Tra gli uliveti della Toscana e i campi soleggiati della Puglia, l’Italia ha un enorme potenziale per una trasformazione verde. Il Paese è già leader nell’UE per energia solare pro capite e produzione di alimenti biologici. Ma per diventare davvero leader nello sviluppo sostenibile, sono necessarie riforme coraggiose.
L’energia rinnovabile è la nostra carta vincente. L’Italia ricava oltre il 30% della sua elettricità da fonti rinnovabili. Ma il potenziale dell’energia solare ed eolica nel Sud è enorme. Semplificare le autorizzazioni per i pannelli solari, sostenere le “comunità energetiche” e modernizzare la rete elettrica potrebbe rendere l’Italia energeticamente indipendente entro il 2040.
L’agricoltura non è solo una tradizione, ma anche un’innovazione. L’Italia è il primo produttore biologico in Europa. Ma dobbiamo andare oltre: agricoltura di precisione, irrigazione a goccia e biofertilizzanti. Questo ridurrà il consumo di acqua (fondamentale durante i periodi di siccità) e aumenterà l’esportazione di prodotti verdi.
L’economia circolare è il futuro dell’industria. Invece di “produrre-usare-scartare”, riciclare, riutilizzare e riparare. In Emilia-Romagna sono già operativi distretti per il riciclo di tessuti e plastica. Tali modelli dovrebbero essere estesi a tutto il Paese.
I trasporti devono diventare più puliti. Autobus elettrici a Milano, piste ciclabili a Bologna, treni al posto dei voli nazionali: tutto questo riduce le emissioni. Ma serve di più: sussidi per i veicoli elettrici, lo sviluppo del sistema di trasporto pubblico locale (MTS), il divieto di utilizzo del gasolio nei centri storici.
Economia
_adText_
_adText_
La differenza tra Milano e Palermo non è solo climatica. È una disparità di reddito, opportunità, infrastrutture e speranza. Il Nord Italia è una delle regioni più ricche d’Europa, mentre il Sud lotta con una disoccupazione superiore al 20%. Questo divario, noto come “Questione Meridionale”, esiste dal XIX secolo e rimane irrisolto.
Le radici storiche sono profonde. Dopo l’Unità d’Italia nel 1861, la politica industriale si concentrò sul Nord, mentre il Sud rimase agrario. Il fascismo e le riforme del dopoguerra non cambiarono la situazione. Oggi, il PIL pro capite in Lombardia è di 45.000 euro, mentre in Calabria è di 18.000 euro.
La disoccupazione giovanile è catastrofica. Al Sud, un giovane su due non riesce a trovare lavoro. Il risultato è un esodo di massa: studenti talentuosi partono per Milano, Roma o all’estero. Il Sud sta perdendo il suo futuro, mentre il Nord è sovraccarico.
Le infrastrutture sono in ritardo. I treni ad alta velocità collegano Torino e Napoli, ma le strade locali in Sicilia sono fatiscenti. Internet nei paesi montani della Basilicata è più lento che in Albania. Senza connettività globale, il Sud è destinato all’isolamento.
L’economia informale è fiorente. Si stima che fino al 25% dell’economia meridionale sia “in nero”. Ciò non è dovuto solo all’evasione fiscale, ma anche alla mancanza di garanzie sociali. Le persone lavorano ma non hanno pensioni, ferie o tutele. È una trappola della povertà.
_adText_
Il ruolo del turismo nell’economia italiana: una benedizione o una maledizione?
Il turismo è il cuore dell’economia italiana. Ogni anno Roma, Venezia, Firenze e la Costiera Amalfitana accolgono decine di milioni di turisti. Nel 2019, il turismo ha rappresentato il 13% del PIL e quasi 4 milioni di posti di lavoro. Ma dopo la pandemia e l’ascesa del “turismo di massa”, sempre più italiani si chiedono: è troppo?
I benefici economici sono innegabili. Piccoli alberghi in Toscana, aziende vinicole a conduzione familiare in Sicilia e artigiani a Venezia dipendono tutti dai turisti, soprattutto al sud, dove le fonti di reddito alternative sono scarse. Il turismo non è un lusso; è il pane quotidiano di milioni di persone.
Ma il sovraffollamento turistico sta distruggendo le città. Venezia, con una popolazione di appena 50.000 abitanti, accoglie 30 milioni di turisti all’anno. I prezzi delle case sono saliti alle stelle, la gente del posto se ne sta andando e i negozi si stanno trasformando in negozi di souvenir. Questo non è sviluppo, è sfollamento. Come disse un veneziano: “Siamo diventati un museo, non una città”.
La stagionalità è un altro problema. L’estate è sovraffollata, l’inverno è vuoto. Questo crea instabilità: i lavoratori vengono assunti per tre mesi alla volta e le entrate fiscali sono disomogenee. La soluzione è promuovere il “turismo lento”: tour enogastronomici in Emilia-Romagna, percorsi escursionistici sulle Dolomiti, festival culturali in autunno.
_adText_
Camminando per le strade di Firenze, un tempo patria di Michelangelo e Galileo, ci si chiede: il Paese che ha regalato al mondo il Rinascimento può rinascere nell’era dell’economia digitale? Oggi l’Italia è indietro rispetto a Francia e Germania nella digitalizzazione, ma ha una possibilità, se riesce a sfruttare la sua risorsa più importante: il capitale umano.
La trasformazione digitale non riguarda i gadget, ma la produttività. In Italia, il 60% delle piccole imprese utilizza ancora la contabilità cartacea. Questo ostacola la crescita, complica le esportazioni e rende le aziende vulnerabili. La transizione verso tecnologie cloud, fatture elettroniche e pagamenti online è il primo passo verso la modernizzazione.
L’ecosistema delle startup sta crescendo, ma lentamente. Milano e Torino stanno diventando centri di innovazione, ma rispetto a Berlino o Parigi, gli investimenti in capitale di rischio sono minuscoli. Il motivo non è la mancanza di idee, ma la carenza di investitori informali e di una cultura del rischio. In Italia, il settore immobiliare è ancora preferito alle azioni.
L’istruzione deve cambiare. Le università formano filologi e giuristi, ma mancano data scientist, specialisti in sicurezza informatica e ingegneri di intelligenza artificiale. Nel frattempo, gli studenti italiani ottengono scarsi risultati in termini di alfabetizzazione digitale. La riforma del curriculum è una questione di sicurezza nazionale.
Lo Stato deve dare il buon esempio. L’e-government estone consente di aprire un’azienda in 15 minuti. In Italia ci vogliono settimane. La piattaforma SPID (identità digitale) è un passo avanti, ma molti servizi richiedono ancora la presenza fisica. La digitalizzazione dei servizi pubblici farà risparmiare miliardi e ripristinerà la fiducia dei cittadini.
_adText_
Perché alcuni paesi diventano più ricchi mentre altri no? Lezioni per l’Italia
Seduti in un accogliente caffè in Piazza Navona a Roma, è facile chiedersi: perché la Svizzera o la Germania prosperano, mentre le regioni meridionali d’Italia – Calabria e Sicilia – lottano ancora contro la disoccupazione e l’esodo giovanile? La risposta non sta nelle risorse naturali, ma nelle istituzioni, nella cultura e nella strategia economica a lungo termine. L’Italia è un paese con un ricco patrimonio storico, ma il suo sviluppo è disomogeneo.
Uno dei fattori chiave per la prosperità è la qualità delle istituzioni. Nei paesi con un sistema giudiziario trasparente, bassi livelli di corruzione e regole del gioco stabili, le imprese prosperano. In Italia, la burocrazia rimane un ostacolo significativo: avviare una piccola impresa qui può richiedere tre volte più tempo che in Estonia. Questo scoraggia gli investimenti e soffoca l’iniziativa.
Istruzione e innovazione sono il secondo pilastro. Finlandia e Corea del Sud hanno investito nell’istruzione decenni fa e oggi le loro economie sono basate sulla conoscenza. In Italia, nonostante università prestigiose come l’Università di Bologna e il Politecnico di Milano, il sistema di istruzione secondaria spesso non riesce a preparare i giovani al mercato del lavoro. Questo è particolarmente vero al Sud, dove il tasso di abbandono scolastico è elevato.
Le infrastrutture sono importanti. La linea ferroviaria ad alta velocità Freccia Rossa collega Milano e Napoli in quattro ore, ma molti paesi abruzzesi non dispongono ancora di una connessione internet affidabile. Senza infrastrutture digitali e di trasporto, le regioni sono destinate all’isolamento. Investire nell'”Italia 2.0″ non è un lusso, ma una necessità.
La cultura imprenditoriale del Nord Italia (Lombardia, Emilia-Romagna) è un modello per l’Europa: cooperative, imprese familiari e un’attenzione all’export. Ma al Sud, dominano l’economia informale e la dipendenza dai sussidi governativi. Senza un cambiamento di mentalità – dall’aspettativa di assistenza alla creazione di valore – il divario è destinato ad aumentare.
_adText_