Categoria:

Psicologia

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La mindfulness non è una meditazione di moda, ma un modo per essere pienamente presenti nel momento, senza giudizio. In un’epoca di ansia, multitasking e rumore digitale, quest’arte sta diventando essenziale. Ma come possiamo fermare il flusso di pensieri sul futuro e sul passato?
L’ansia vive nel futuro, la depressione nel passato. Il momento presente è l’unico in cui viviamo veramente. La mindfulness ci porta lì. Anche 10 minuti al giorno riducono lo stress e migliorano la concentrazione.
Inizia con la respirazione. Inspira per 4 secondi, espira per 6. Concentrati solo sull’aria nel naso, nel petto e nella pancia. Quando ti perdi nei pensieri, torna delicatamente alla respirazione. Questa è una forma di allenamento dell’attenzione, come allenare i muscoli.
Pratica l'”azione consapevole”. Mangia senza telefono: nota il sapore, la consistenza e l’odore. Cammina: nota i suoni, gli odori e la sensazione dei tuoi piedi a terra. Anche lavare i piatti può diventare una meditazione se fatto con piena presenza.
Osserva i tuoi pensieri come nuvole. Non aggrappartici, non crederci ciecamente. “Sono un perdente” è solo un pensiero, non la verità. La consapevolezza insegna: “Io non sono i miei pensieri”.

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L’autostima non è una questione di “Sono fantastico”, ma di un profondo senso interiore di autostima. Le persone con un’alta autostima non hanno bisogno di continue conferme: sanno di essere degne di amore e rispetto semplicemente perché esistono. Ma come si può sviluppare questa sensazione se fin da bambini ci è stato insegnato: “Sei bravo quando…”?
L’autostima si forma durante l’infanzia. Se un bambino viene elogiato solo per i suoi successi (“Bravo, hai preso un A!”) e non per la sua stessa esistenza (“Sono contento che tu esista”), impara: “Sono prezioso solo quando faccio qualcosa”. Questo porta al perfezionismo e alla paura di sbagliare.
Il perfezionismo è il nemico dell’autostima. Dice: “Non sei abbastanza bravo”. Ma una sana autostima significa accettare se stessi con i propri difetti. Come scrisse Carl Rogers, “Chi accetta se stesso è capace di cambiare”.
Smettetela di paragonarvi. I social media sono una fabbrica di paragoni. Ma vedi la “A” di qualcun altro, non la sua “C”. Ricorda: ognuno ha il suo percorso, il suo ritmo e le sue difficoltà. Il tuo valore non dipende dal successo di qualcun altro.
Sostituisci il tuo critico interiore con un mentore. Invece di dire “Hai sbagliato di nuovo!”, pensa “Cosa puoi fare meglio la prossima volta?”. L’auto-gentilezza non è debolezza, ma forza.

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I confini sono la linea invisibile tra il “mio” e il “tuo”. Proteggono la tua energia, il tuo tempo, i tuoi valori e le tue emozioni. Ma in una cultura in cui una “brava persona” è sempre disponibile, i confini vengono spesso confusi con l’egoismo. In realtà, sono un atto di rispetto per se stessi e per gli altri.
Tipi di confini: fisici (spazio personale), emotivi (non farsi carico dei sentimenti altrui), temporali (non essere “sempre disponibili”), materiali (non prestare denaro senza previo accordo). Violare uno qualsiasi di questi provoca disagio.
Segnali di mancanza di confini: ti senti spesso stanco, ti arrabbi con le persone “brave”, temi i conflitti e dici “sì” quando vorresti dire “no”. Sei il “salvatore” nel triangolo drammatico di Karpman.
Come stabilire un confine? In modo chiaro, calmo, senza scuse. “Non posso aiutarti oggi” è sufficiente. Non c’è bisogno di spiegare, sentirsi in colpa o promettere “la prossima volta”. Il tuo “no” è una frase completa.
Preparati alla resistenza. Alcune persone sono abituate a violare i tuoi limiti. Quando inizi a farli valere, potrebbero offendersi, manipolarti (“Sei cambiato!”) o farti pressione. È un problema loro, non tuo.

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L’intelligenza emotiva (IE) non riguarda “essere gentili”, ma la capacità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni e quelle altrui. La ricerca dimostra che l’IE è più importante del QI per il successo professionale, le relazioni e il benessere personale. Ma può essere sviluppata a qualsiasi età.
Il primo componente è la consapevolezza delle proprie emozioni. Molte persone confondono “arrabbiato” con “ferito”, “ansioso” con “stanco”. Inizia in modo semplice: dai un nome preciso alle tue emozioni. Usa la “Ruota delle Emozioni”: ci sono 130 sfumature! Più precisamente dai un nome alle tue emozioni, più facile sarà lavorarci.
Non reprimerle, abbracciale. Le emozioni non sono nemiche, ma segnali. La rabbia dice: “I miei limiti sono stati violati”. L’ansia dice: “Mi sento minacciato”. La tristezza dice: “Ho bisogno di riposare o lasciar andare”. La repressione porta al burnout, agli scoppi d’ira o alle malattie psicosomatiche. La pausa tra stimolo e reazione è la chiave della maturità. Quando qualcosa ti turba, non reagire immediatamente. Fai un respiro profondo, conta fino a 10 ed esci dalla stanza. Questa pausa è dove nasce la scelta: “Come rispondo?” non “Come dovrei reagire?”.
Sviluppa l’empatia. Questa non è simpatia, ma la capacità di vedere il mondo attraverso gli occhi di un altro. Fai domande: “Cosa stai provando?”, “Cosa è importante per te in questa situazione?”. L’empatia costruisce ponti anche nei conflitti.

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La conoscenza di sé non è una parola d’ordine, ma il fondamento della salute psicologica. Senza comprendere i nostri valori, le nostre paure, i nostri bisogni e i nostri modelli di comportamento, viviamo in modalità automatica, ripetendo i copioni altrui e prendendo decisioni che ci portano nella direzione sbagliata. Ma come possiamo iniziare a vederci chiaramente se passiamo la maggior parte della nostra vita a guardare verso l’esterno piuttosto che verso l’interno?
Il primo passo è osservare senza giudizio. Inizia a notare le tue reazioni: perché sei arrabbiato quando sei in ritardo? Perché eviti i conflitti? Perché ti senti in colpa quando dici “no”? Non cercare di risolvere tutto subito, osserva semplicemente. Come ha insegnato C.G. Jung: “Finché non rendi conscio l’inconscio, esso controllerà la tua vita”.
Tenere un diario è uno specchio dell’anima. Scrivi non per pubblicare, ma per te stesso. Poniti domande: “Cosa ho provato oggi?” “Cosa mi ha causato l’ansia?” “Quando sono stato sincero e quando no?” Dopo un mese, noterai temi ricorrenti: sono le chiavi del tuo mondo interiore.
Il feedback degli altri è uno strumento prezioso. Chiedi ai tuoi cari: “Come mi vedi?” “Cosa ti sorprende di me?” Non difenderti: ascolta. A volte gli altri vedono ciò che nascondiamo persino a noi stessi. Ma scegli chi parla con amore, non con critiche.
La psicoterapia non è per i “malati”. È uno spazio in cui puoi esplorare te stesso in sicurezza con una guida. Anche le persone sane si sottopongono a terapia per crescere. Il terapeuta non dà consigli: ti aiuta a sentire la tua voce, soffocata da anni di condizionamento.

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